POSTFUTURE / microracconti moderni

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POSTPRIVACY
Bisogna riconoscere che ogni tipo di ideologia, anche la più mimetica, ombrosa e insospettabile, ha un codice ferreo. Questo è sostenuto da una educazione della coscienza. Da una questione etica.
La trasparenza dell’esistenza, per esempio. Nell’epoca della post privacy, la trasparenza era un dovere sociale. La nudità era una questione che si era allontanata dai vecchi stereotipi della pornografia e si era data forma di integrità intellettuale e sociale.
Quindi lui si sedette nudo di fronte allo schermo.
La cosa piacque. E i fan divennero milioni nel giro di poche ore. Nel giro di altrettante poche ore fu elaborato una applicazione per congegni mobili che individuava le parti genitali e, automaticamente, le sfocava.
Si poteva, quindi, girare nudi in luoghi appartati e riprendersi senza il fastidio di apparire inappropriati e senza evocare pensieri erotici.
Lui se ne appassionò essendo un vero telento nel postare immagini di sè. Era una onesta e ideologica questione di trasparenza. Fu radiosamente soddisfatto quando si rese conto che la narrazione della sua esistenza restituiva una realtà molto più autentica di quella vera. A quel punto gli sembrò di capire che la sua realtà era stata perfezionata tanto da migliorare di gran lunga la sua realtà.
No. Non fece l’errore ingenuo di cogliere il pericolo dell’ingresso in un labirinto o di una trappola della logica. No.
Assecondando uno dei comandamenti primari fece forza sul suo credo e si ripetè con calma fermezza che la sua vera realtà era senz’altro più vera della vera realtà.
Come è ovvio che fosse.
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BIRTHDATE
Avendo vissuto dal momento della sua nascita, come tradizionalmete si calcolava, erano passati circa 45 anni. Ma considerandosi nato nel momento della sua esistenza in rete, lui si riteneva un diciannovenne. Purtroppo apparteneva ad una generazione di transito.
Questa difficoltà esistenziale veniva continuamente dibattuta in rete e le diverse torie di calcolo, le sofisticate speculazioni temporali e i diagrammi comparativi, erano aggiornati incessantemente. Si poteva dire che milioni di persone ne erano tormentati. Era chiaro come fosse un problema primariamente psicanalitico.
Il senso di inadeguatezza, e spesso di dichiarata inferiorità, non dava pace.
La cosa lasciava i Nati-Connessi, e i Connessi-Biologici distratti e indifferenti.
Loro sapevano di appartenere ad un Genere Superiore, e la discussione finiva lì.
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STARBUCKS
Si confessarono di non avere fretta. Che una cosa così era meglio farla con calma piuttosto di sbagliare.
Di sbagliare di nuovo.
Chattarono moltissimo e si tennerò in costante connessione per molto tempo. La vita procedeva con trasparente andatura e nulla era tenuto nascosto o sottointeso. Nessuno di loro due desiderava la presenza di ombra nelle loro esistenze. Con costante serietà postavano ogni momento intimo, ogni pensiero, ogni variazione di umore.
Fu difficile capire cosa accadde, ma ad un certo punto, uno dei due (probabilmente lei) espresse il desiderio di incontrarsi. Fisicamente. Di persona.
Avrebbe dovuto aspettarselo. Sebbene nel suo profondo lui aveva sperato che questo non succedesse.
Il suo profilo era perfettamente completo e i suo i selfie avevano un andamento costante nell’arco della giornata e spesso anche le sporatiche veglie notturne erano documentate. Lei insisteva. Le donne sono fatte così.
La preparazione all’incontro non fu affrontata con superficialità. Era un passo. Cosicchè seguì un lungo periodo nel quale l’affinamento dei dettagli diventò un’arte ed entrabi furono soddisfatti di aver instaurato un territorio comune di scambio nella dimensione analogica.
Si trovarono entrando, come stabilito, in uno Starbucks, all’ora determinata con l’abbigliamento concordato.
Si riconobbero subito. Aiutati dall’orario pazientemente studiato da lui per non incappare in un momento di affollamento o, peggio ancora, in un locale desolato sotto l’annoiata attenzione dei camerieri. Fu un buon piano e si riconobbero subito.
Dopo 4 anni di preparazione finalmente si incontravano. Lo Starbucks aveva uno schermo paretale che amplificava, come uno specchio non fedele, l’intero locale.
Sullo schermo veniva proiettata l’immagine dello Starbucks di un’altra città in maniera che lo scambio visivo tra i frequentatori dei due caffè sembrasse reale e presente. Si fissarono e si riconobbero.
Si riconobbero perfettamente.
Lui era a Budapest, lei a Johannesburg.
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PRISON
Negli ultimi tempi la severità attorno ai reati di piccolo hackeraggio si era inasprita. Rubare qualche identità e giocarci un poco, senza far danni, non gli pareva fosse una cosa grave. Si sedeva al tavolo di qualche caffè e si infilava nella connessione dei presenti solamente per scaldarsi
con le vite private altrui. Come se espandesse la propria. Come se vivesse di più.
Si alzò dal letto spostando le grinze del tappeto con il piede. Entrò in cucina salutando sul balcone i canarini rumorosi, abbagliati dal basso sole e vivaci allo sgranellare del miglio. Mise sul fuoco il caffè alzando il volume della radio.
Il fatto è che un paio di settimane prima lo avevano intercettato e processato e condannato. Due anni di carcere. Oggi era il suo ultimo giorno e poi dentro. E il giorno passò in fretta.
Ed ora era il suo primo giorno di carcere.
Si alzò dal letto spostando le grinze del tappeto con il piede. Entrò in cucina salutando sul balcone i canarini rumorosi, abbagliati dal basso sole e vivaci allo sgranellare del miglio. Mise sul fuoco il caffè alzando il volume della radio.
Si voltò verso il computer. Inutilmente tentò la connessione e la ritentò dallo smartphone e dal tablet.
La sua scheda digitale era stata bloccata, a livello globale, per due anni. Strinse il labbro nella morsa dei denti fino a sentire il sapore del sangue. Quel minimo dolore gli disse che non ce l’avrebbe fatta. La luce fu come spenta.
Sentiva che non non ne sarebbe uscito.
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NICKNAME
Con una sequenza di tre suoni armonici rivcevette un messaggio. Lei lo lasciava.
La camera vorticò. Nella breve vertigine si lasciò andare sul divano. Rilesse il messaggio. Lei lo lasciava.
Verificò l’oroscopo e corse su FaceLook per cogliere i commenti sugli ultimi istanti del loro amore. L’oroscopo prometteva una alta resa energetica per l’amore. Buona per la salute. Media per il lavoro.
Quindi lei era stata brava a non far trapelare indizi ed ora la sua amicizia era cancellata. Si preparò un tè guardando dalla finestra un’auto che tentava un parcheggio difficile con diverse manovre. Avanti, sterzo sbagliato, un pò indietro, non ci entrava, sterzo opposto, niente da fare…..
Nessun indizio nei giorni passati. Era stata brava o era successo qualcosa. Oggi.
Entrò in Lovex e scorse il catalgo. Il suo FilledForm, il suo profilo digitale, collimava con almeno nove ragazze. Era evidentemente troppo impreciso. Era da affinare. Lo fece.
Il suo FilledForm ora ne indicava due. Scelse quella in linea e le mandò un Lovex. Lei rispose.
Chattarono con una cinquantina di emoji e lui le inviò un FixedLovex. Lei rispose e si fidanzarono scambiandosi le password.
Si sdraiò sul letto, tirò un sospiro e si disse felice. Si disse come tutto fosse passato e come, ora, sembrava impossibile come tanto e persistente dolore si fosse generato e poi magicamente dissolto. Ora, a pensare che fosse stato male, tanto a lungo, gli pareva incredibile. Chiuse gli occhi ripetendo sottovoce il nickname di lei.
O perlomeno, quello di oggi.
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IMPASSE
Ci saranno stati una decina di dirigenti e una riunione da fare. L’incontro era sondativo sull’andamento della produzione dell’acciaio e sul reimpiego di impianti obsoleti ma con potenziali residui. Si infilarono, ogniuno di loro, un paio di Hyperglass e l’analisi trovò il suo inizio.
Mentre l’intervento introduttivo si avvicinava al suo termine i pareri e le obbiezioni iniziarono ad intrecciarsi. I dati filavano sulla retina dei presenti nella sovraimpressione degli occhiali digitali. Tutti gli interventi furono coerenti, sostenuti da informazioni costanti e approfonditi da dati sempre più specifici. Fino al termine stabilito. E alla pausa pranzo.
Si spostarono, soddisfatti di sè, nel ristorante affacciato alla strada. Per un certo vezzo professionale, nessuno di loro si levò gli Hyperglass dal naso. Il cameriere lesse loro il menù già concordato come da programma, interrotto secondo la prassi, da una battuta distensiva dell’amministratore delegato riguardante l’invecchiamento del vino. Tutti risero con educato coinvolgimento. Il cameriere sospese la penna sul taccuino e chiese chi volesse acqua gassata e chi no.
Tutti rivolsero lo sguardo verso il cameriere. Lui bloccò un sorriso professionale e rimase in attesa.
Sulla sovraimpressione degli Hyperglass sfilavano sequenze veloci di dati. Incrementi dell’8% annuale
di marche nazionali, 4/5 di imbottigliamento in PEC, da 144 litri pro capite a 202 nell’ultimo triennio, crescita acque estere, decrescita acque naturali, incremento acque addizionate, Giappone in crescita, Brasile in flessione, capitali esteri, marche francesi…..
Il cameriere restò, sorridente, mentre tutti guardavano verso di lui senza guardarlo.
Ci volle molto, molto tempo, perchè qualcuno trovasse una qualunque uscita dall’impasse.
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I LOV U
Lei lavorò al suo profilo utilizzando l’aiuto professionale di esperti e di un software sofisticato, e il tutto non fu certo cosa poco costosa.
Ma ne uscì un racconto vibrante che doveva affascinare il suo gender e durare per qualche tempo. Non appena acquistato il suo profilo le arrivarono una serie di tutorial che le indicaronono che musica ascoltare e come accessoriare il suo stile. Lei ne fu entusiasta.
La differenza tra un abbinamento rosso aranciato e rosso puro la lasciarono sorpresa per la sottigliezza del suggerimento e l’effetto sul suo look finale.
La sua foto subì una serie di minimi aggiustamenti che non le cambiarono i lineamenti ma che, con precisione, le migliorarono l’aspetto fino a farla collimare con l’esatta trasmissione emozionale. Questo passo sarebbe stato seguito da interventi chirurgici, ma per questa fase il programma concedeva tempo.
Dio quante cose da imparare! E da fare. Il dizionario WonderWord la forzò ad assimilare espressioni gergali adeguate e una fonetica più appropriata. Lei studiò intensamente senza tentazione di saltare qualche compito e postò tutta se stessa nei tempi predeterminati.
A quel punto si sentì pronta e dichiarò il suo amore. E lui pure. Si mandarono dei Kissez, molti Hugz e lui addirittura un SuperKiz anche se piuttosto caro. Lei dichiarò il suo amore a sè stessa e lui fece lo stesso ma lui, più incostante, preferì regalarsi dei Promoz cumulabili per acquisti vari futuri.
Nella loro community, nello stesso giorno, molti altri fecero il grande passo e le dichiarazioni si sovrapposero alle congratulazioni. Certo fu comprensibile essere passati attraverso titubanze, talvolta dubbi se non veri e propri momenti di crisi. Ma nei mesi passati i tutorial furono di grande aiuto e la community, ricevendo i post, li aveva commentati e seguiti. Del resto era un passo che si sarebbe dovuto fare prima o poi.
La vita doveva andare avanti. Era tempo di crescere.
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POSTHISTORY
Uscì dalla sua stanza e parlò a suo padre seduto, telecomando in mano, in un profondo divano.
Gli era venuto in mente che suo padre doveva aver vissuto negli anni precedenti alla diffusione della Connessione Biologica. Come doveva essere nascere e vivere senza….?
L’uomo sorrise ricordando al figlio che lui era nato in un’epoca senza alcuna connessione e senza che il web fosse immaginabile. Il ragazzo era interessato e sconcertato. L’anno dell’inizio della Post Storia era indicato come una data precisa…..ma il padre l’interruppe spiegando come la diffusione della conessione permanente fosse stato un processo di parecchi anni. Non tutti si erano aggiornati con medesime tempistiche anche solo alla semplice connesione temporanea. Quella Biologica venne tempo dopo, con la nuova generazione.
La Post Storia arrivava dopo la Preistoria e la Storia. L’epoca nella quale la scrittura è solamente digitale e gli iper-dati non hanno supporti fisici era, tutto sommato, molto recente.
L’uomo cambiò canale. Il ragazzo ricevette una notifica, diversi call da FaceLook e una serie di promozioni e sconti e il polso gli continuava a vibrare. Rientrò nella sua stanza con l’idea di approfondire tutto questo più tardi, con più affidabili ricerche on-line. Si salutarono.
Passarono molti mesi prima che si incontrassero nuovamente.
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24 HOURS
Sapeva di aver vissuto. Questo era certo. Tuttavia la quantità di tempo espressa in anni lo lasciava confuso. Riteneva impropria la metodologia applicata ed era evidente che la misurazione in anni era retaggio di epoche primordiali, preistoriche e storiche, dove il passaggio delle stagioni, i transiti lunari, imponevano una circolarità ricorrente. La sua impressione, e quindi la sua convinzione, era tutt’altra. Il ciclo circadiano persisteva. Questo ciclo basato su 24 ore era un residuo tenace. Purtroppo.
Ma esistevano metodi e applicazioni che avrebbero contribuito ad allentarlo, ad indebolirne l’abitudine, a frantumarne la ciclicità fino a disfarsene totalmente. Per il momento le cose erano così.  Aveva vissuto una ripetizione costante ed uguale di 9225 giorni.
Ecco. Questo si.
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CARS
Si viveva letteralmente bombartadi da offerte commerciali. Quasi da rimpiangere i tempi delle auto individuali. I due sposi (si dice sposi quando la coppia è giovane benchè loro avessero già un bambino di 5 anni) si erano adattati ad abbonarsi ad un piano della Autocar che non poteva garantire il servizio Full, troppo caro, ma che pianificando l’utilizzo della Selfcar con 5 ore di anticipo risultava efficente ed economico.
“Basta organizzarsi”, disse lei.
Lui continuava a covare una blanda invidia per i colleghi che si muovevano chiamando l’autocar con una app e in meno di due minuti il veicolo apriva la portiera davanti a loro. “Ma basta davvero organizzarsi un poco….” diceva lei.
La domenica decisero di andare in visita ad un JurassiCar aperto da poco. Un paio d’ore fuori città. Prenotata la partenza e il ritorno. “Dobbiamo assolutamente essere precisi per il rientro” ricordò preparando i panini.
Il posto era stupefacente. Automobili d’ogni epoca schierate in lunghe serpentine. Le si poteva toccare. Ci si poteva sedersi dentro. Il piccolo impazzì di stupore tenendo con le due manine il grande volante. Le Selfcar non ne avevano più bisogno. Si poteva passare un’oretta a pulirle e a lucidarle, come nel secolo passato. Versare nel serbatoio un odoroso liquido rosato che usciva da pompe con loghi luminosi.
Ad un certo punto iniziò la breve esibizione dove una coppia di uomini in tuta bianca cambiava le ruote ad una vecchia auto. La folla battè a lungo le mani. Meraviglioso che queste manutenzioni fossero fatte interamente a mano, si disse l’uomo.
Un gigantesco modello di motore a scoppio, si alzava, roteando lentissimo su un palo, a quattro metri sulle teste del pubblico. Riproduceva al rallentatore le fasi di apertura e chiusura valvole di un antico motore a carburante fossile. “Meno male che non sei costretto a guidare un’automobile come a quei tempi”, lei si strinse al braccio di lui “morirei di preoccupazione”……
In effetti si distrassero molto. E quando lei si rese conto di non aver sentito l’allarme dello smartphone corsero al parcheggio. In tempo.
In tempo per vedere la loro auto chiudere le portiere e partire spedita verso casa. Esattamente la loro casa. Puntualmente. Il bimbo rimase con il ditino puntato verso la loro auto e la coppia, in piedi in mezzo al parcheggio, la fissò svoltare verso l’autostrada.
Lo smartphone di lei si accese. “Buongiorno e bentornati! Ricordatevi di allacciare le cinture. Nel computer di bordo potete trovare videogame e film disponibili con la Funcard. Per i bambini in offerta speciale l’ultimo cartone animato di Zozì.
Sarete a destinazione in 2 ore e 11 minuti. Buon viaggio”.
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OBESITY
Un certo senso di malevola pienezza, come dire….un forte senso di obesità, di saturazione pesante da sopportare. La diffusione del Pixelmate, o della Lovematrix era capillare ma a lui, in quel momento della sua vita, forse in conseguenza ad un problema di salute, sembrò davvero insopportabile. E’ ovvio che essere fidanzati con un software che riproduce le cose che vorresti sentirti dire, in base a tutti i dati raccolti su di te, è fantastico. Un senso meraviglioso di complicità. Di intimità perfetta. Ma ad un certo punto anche un sospetto di autismo o, senza voler esagerare, di obesità. Appunto.
Questi software erano diventati la base emotiva e sentimentale di gran parte delle persone. Rigettarli sarebbe sembrato, perlomeno, asociale. E se in ufficio l’avessero saputo? Eppure lui ricordava, sebbene con distanza, i tempi nei quali i ragazzi avevano centinaia di amici
su Facebook. Persone vere con le quali capitava di scambiare davvero dei messaggi. Oppure le famiglie che uscivano e, sedute attorno ad un tavolo, trascorrevano del tempo ogniuno connesso con il proprio smartphone in mano…tutti insieme.
La nostalgia per certi siti di incontri dove, ad un certo punto, le persone decidevano di incontrarsi davvero…
E le sale giochi? Si usciva di casa e ci si sedeva a certe consolle con grandi poltrone oscillanti.
Si usciva di casa per un videogame…! Andò in cucina e si preparò, lentamente, un tè. Si ricordò che a lui era successa, in passato, una cosa incredibile. A lui era perfino capitato di prendere un aereo, fisicamente intendeva, e andare fisicamente fino a Istanbul. Lui (ora sembrava così impossibile gli fosse davvero successo) aveva bevuto un tè fisico, in un caffè fisico, nel fisico centro di Istanbul…..davvero!
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NARGHILE’
Parigi! Come non esserci venuta prima! A volte si fanno cose, o si rinunciano a fare cose, senza rendersi conto di un qualche perchè…. Lei aveva studiato arte per i primi tre anni dell’università. Poi aveva scelto urbanistica ma, per entrambi gli indirizzi, aver ritardato un viaggio a Parigi non aveva giustificazione.
Fu una giornata piena. Tempo perfetto. Sfrecciando dalla Gare D’Orsey al Louvre, il lungo Senna, Place Vendome, Notre Dame e ancora la Senna, la Biblioteca Nazionale, il Beaubourg e ancora un giro alla Gare D’orsey. Poi un salto sulla Tour Eiffel dalla quale individò la bianca cupola del Sacre Coeur e ci andò. Sosta a Montmatre proprio nel bar dove avevano girato un film su Ameliè (un caffè troppo zuccherato
in verità) e una frizzante coppa di champagne nella festosità del Mulin Rouge (davvero artificiale e turistico). Perdersi il Museo delle Scienze sarebbe stato imperdonabile, così come Les Halles, i Champs-Élysées, Le Marais e ancora una passeggiata sulla Rive Gauche…..
Qui e a questo punto la Senna si deformò in una immagine di sè liquida ed evanescente. I platani si inclinarono e dissolsero, le luci svanirono in buio. La voce dell’operatrice le comunicò che la sua TripCard era quasi scarica. Davvero? Guardò l’ora e dovette constatare che già erano passate circa tre ore.
Quanto mi rimane? Chiese all’operatice. Sedici minuti. Che programma avete per questa durata?
Vista panoramica alla Monumental Valley. Passeggiata con De Niro a Lower Manhattan. Avvistamento balene al largo di Cape Town. Caffè al Fishawi, storico caffè del Cairo…. Lei adorava il caffè. Interruppe la lista e fissò quest’ultima opzione.
Di colpo un gran caldo. I fasci di luce polverosa tagliavano il buio del vicolo affollato. Un cameriere la sfiorò, una turista sudata sorrise, le palpebre le batterono al fumo dei naghilè.
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HOME
Difficile dire se dovessero essere preoccupati o sollevati. La loro figlia non usciva da diversi mesi.
Non usciva dalla sua stanza.
Era il pieno dell’estate. Un gran caldo dovuto in gran parte all’umidità che rendeva la giornata faticosa
qualunque cosa si facesse. Lei stessa aveva detto alla figlia “non uscire cara, c’è un caldo insopportabile oggi”. Il padre ricordava quel suggerimento di buon senso, tanto da aver rinunciato anch’egli ad andare in palestra. Il divano lo sommerse, la ventola lo accarezzò, la tv lo consolò. Ma adesso era la fine di novembre. I due si scambiarono qualche frase ma con grande incertezza non riuscirono a far di meglio che elencare zoppicanti luoghi comuni. La figlia non usciva dalla camera, è vero, ma aveva la connessione costantemente attiva, mangiava sempre tutto quello che le si sporgeva attraverso lo sportellino del gatto e di notte la doccia la faceva. Era sociale, sana e pulita.
“Senz’altro”, ribadì il padre. “Certo”, disse la madre. Aspettarono la fine del film perchè tutti e due si continuavano a domandare se l’ispettore Templeton fosse gay, quindi il potenziale assassino, o se avesse spinto la dottoressa Helen a modificare il contenuto della flebo ed a indurre la morte……
“Meglio così”, sospirò la madre sui titoli di coda. “Dopotutto meglio in camera che fuori, con i rischi che ci sono al giorno d’oggi”. “Ma certo” avvallò il padre chiedendosi ancora se l’ispettore Templeton fosse gay o solo molto raffinato. Iniziarono le News. “Guarda che mondo, guarda cosa succede….” pigolò la madre.
“Ma certo, meglio a casa”, sentenziò il padre domandandosi se la dottoressa Helen fosse anche lei omosessuale. Un ispettore gay e una dottoressa lesbica. Che razza di film. “Meglio a casa. Tempi troppo incerti,…meglio a casa.”.
E questo era poco. Ma era sicuro.
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PHOTOS
Che fascino le foto d’epoca. Le città con i negozi privati erano una vera stranezza. Era disorientante
immaginare che non ci fossero megacentri commerciali e si andasse al cinema. E questi erano curiosi locali specificamente costruiti per proiettare film, con sedie e altri stand per la distribuzione alimentare. Le città erano piene di segni vistosi preposti a regolare il traffico e poi, cosa davvero romantica come nei film ambientati a NewYork, c’erano i semafori.
E ci si fermava e poi si andava, aspettando il colore giusto. Ma i negozietti erano davvero la cosa più pittoresca. E i bar. A centinaia, con persone dietro al bancone a farti, a mano, il caffè o a servire, a mano, i liquori o a fare, a mano, i panini. E poi la cassa, che era uno sportello fisico (tipo) dove pagavi la consumazione. Con moneta vera, pezzi di carta o anche di metallo, e li davi a una persona. In mano a quella persona. Che li incassava manualmente. E questo si ripeteva per qualunque cosa comprassi, nel senso che questi negozi erano pieni di persone che stavano lì, ad aspettare. Anche se nessuno entrava. Per ore. Stavano lì ad aspettare.
Ma anche nell’epoca dei primi centri commerciali… anche questi erano strani. Si andava in auto. Intendo un’automomible guidata privatamente (pensa che rischi) e si metteva la merce in carrelli di diversa misura e te la portavi a casa, caricando e scaricando. Non è assurdo? Intendo che non cercavi e ordinavi via web ma la roba…. pesante o no, te la caricavi fino a casa.
Nelle foto d’epoca vedi anche che davanti ai caffè c’erano sedie e tavoli. Si, sulla strada praticamente.
Dove la gente si intratteneva e beveva qualcosa. Difficile capire perchè, forse perchè gli piaceva farsi guardare e guardare. Non so. Credo che parlassero tra loro. Non sono sicuro perchè dalle foto non si capisce. Ma credo che, ad un certo punto, si parlassero tra loro, così…improvvisando una conversazione. Proprio così, senza prendersi il tempo di analizzare o di informarsi. All’improvviso, di getto, si raccontavano cose, credo….poi sono arrivati i Messenger ma all’epoca era così. Si parlava d’istinto. Roba davvero assurda.