MINIMUM STORIES OF EXILE
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To comfort my soul in exile, long ago, I had begun to make it traveling across other people stories, in imaginary minimal stories.
Every morning, before work, with an old pencil and a pen I threw signs and words on some A4 paper.
I used to pin that sheets to the wall behind me, with a tape. In springtime I opened the window and the leaves got animated by the sunny breeze.
I was living in exile. I pictured it by quick portraits sketches and few words stories.
Years later I found a black box with all those drawings.
So I picked up a large part of those characters and put them in this book.
Basically to not forget them in a black box, and because all that little stories of minimum characters now exist and claim their own space.
But above all because ‘create’ is easier than forget or abandon.
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STORIE MINIME DI ESILIO
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Per consolare la mia anima in esilio, tempo fa, avevo iniziato a farla viaggiare nelle storie di altre persone, nelle loro microstorie immaginarie.
Ogni mattina, prima del lavoro, con una vecchia matita e una penna a sfera buttavo segni e parole sulla carta.
Con un nastro adesivo da pacchi, fissavo i fogli alla parete alle mie spalle.
All’arrivo della primavera aprivo la finestra e i fogli, si animavano alla leggerezza della corrente.
Stavo vivendo un esilio. Lo raccontavo attraverso veloci ritratti e storie di poche parole.
Anni dopo ho ritrovato la scatola nera con i disegni. Quindi ho raccolto gran parte di quei disegni in questo libro, fondamentalmente
perche’ non vengano dimenticati in una scatola nera, e poi perche’ le storie
minime di tanti minimi personaggi ormai esistono e reclamano un loro spazio,
ma soprattutto perche’ creare e’ piu’ facile che dimenticare o abbandonare.